Corredata da 3 firme, sui poteri discrezionali della Commissione di vigilanza circa l'applicazione del diritto UE da parte degli Stati membri (articoli 17 e 258 TFUE) 

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Petitionsausschuss des Europäischen Parlaments
3 Podpůrný 3 v Evropská unie

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Il firmatario (che aveva già presentato nel 2016 una petizione analoga) partendo dal potere conferito alla Commissione dal Trattato UE (articolo17, paragrafo 1) di "vigilare sull'applicazione del diritto dell'Unione sotto il controllo della Corte di Giustizia UE" e dal suo ruolo di "custode dei Trattati", lamenta che tale norma conceda all'Esecutivo comunitario un ampio margine discrezionale sul "se" e il "quando" decidere l'avvio del procedimento d'infrazione nei confronti degli Stati membri inadempienti (articoli 258 e 260 TFUE). E a riprova della sua tesi, riporta alcuni stralci della Comunicazione della Commissione del 19 gennaio 2017 "Diritto dell'UE: risultati migliori attraverso una migliore applicazione" (2017/C 18/02). Al punto 3, infatti, la Commissione subordina l'esercizio di tale potere discrezionale alla definizione di priorità strategiche (citando sentenze della Corte di Giustizia fra cui quella del 14 settembre 1998 nella causa T-571/93, che sottolineerebbe il fatto che i cittadini possano non vincere ricorsi contro la Commissione, se quest'ultima rifiuta di avviare una procedura d'infrazione). Al punto 8 dell'allegato della predetta comunicazione, l'Esecutivo menziona il termine di un anno per l'esame delle denunce dei cittadini, sottolineandone però il carattere non perentorio. Il firmatario richiama anche le conclusioni (decisione del 14 settembre 2017) dell'inchiesta strategica svolta dal Mediatore europeo sulle tempistiche e la trasparenza nella gestione delle procedure d'infrazione, che pur riconoscendo che la predetta comunicazione è un segnale positivo nel senso che la Commissione è ben cosciente del problema e intende rimediarvi, formula otto raccomandazioni per ottenere più sostanziali progressi in tal campo. In conclusione, il firmatario chiede al Parlamento di intervenire, attraverso appropriati atti normativi, per ridurre il margine di discrezionalità dell'Esecutivo nell'esercizio dei poteri di controllo degli Stati membri, in cui si estrinseca il suo ruolo istituzionale di custode dei Trattati.

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